LA BATTAGLIA DI HACKSAW RIDGE
LA BATTAGLIA DI HACKSAW RIDGE - Non uccidere ma sostieni chi lo fa
Dopo dieci anni, Mel Gibson torna dietro la macchina da presa e alla fine del film ti dici: "Beh, era ora, bravo Mel!"
Partiamo subito dicendo che per quanta retorica ci sia e per quanto si tenti di tracciare la vita di un obiettore di coscienza contrario all'uso delle armi, questo è e rimane un film di guerra.
Braccia e gambe sbrandellate, intestini riversi nella polvere, corpi vivi che bruciano, volti triturati e anneriti da sangue misto a terra, mezzi busti tra il vivo e il morto usati come scudi umani, ratti che si nutrono dei cadaveri, sangue che sprizza a fontanelle dalle ferite, schizza persino sulla telecamera, praticamente in faccia allo spettatore che inorridito assiste a uno scorcio iperrealistico della seconda guerra mondiale che si conclude con un harakiri e una decapitazione, lasciando la sensazione di aver assistito a un film horror ambientato a Okinawa.
Desmond Doss (Andrew Garfield), che è cresciuto come avventista del settimo giorno e con ideali pacifisti, decide di arruolarsi per accompagnare l'esercito americano e con la sua Bibbia cerca l'aiuto del Signore per capire quale sia il suo ruolo in quel massacro: salvare le vite dei suoi sul campo di battaglia.
"Please Lord, help me get one more", ripete come un mantra Desmond, vagando per Hacksaw Ridge alla ricerca di soldati ancora vivi in mezzo a un mucchio di morti e pezzi di corpi anonimi.
Nella Bibbia tiene anche la foto di Dorothy (l'incantevole Teresa Palmer), la sua ragazza e musa ispiratrice che lo aspetta a casa per sposarsi.
In tutto questo sorge un legittimo interrogativo.
Riesce ad essere davvero coerente la scelta di Desmond Doss con i suoi valori?
Nel film, Desmond stesso cita due comandamenti per lui fondamentali. Il primo è di facile intuizione: Non uccidere. Il secondo è: Vi do un nuovo comandamento che vi amiate gli uni gli altri come vi ho amati io.
Desmond è contro l'uso delle armi ma alla fine è lui stesso che, di rimando, lancia delle granate sui nemici. Si dichiara contrario a qualsiasi forma di omicidio ma poi sostiene i suoi connazionali mentre a loro volta ammazzano "l'altro".
Mentre restano i dubbi sulla coerenza tra ideali e azioni del giovane Doss, non ci sono dubbi sul fatto che Mel Gibson sia un grande regista, mai banale, sempre capace di raccontare qualcosa e di tenerci incollati alla poltrona. Oltre all'interpretazione di Garfield, notevole anche quella del padre di Desmond interpretato da Hugo Weaving, così lontano dall'agente Smith di Matrix da essere quasi irriconoscibile.
Insomma, se al Festival di Venezia il film si è meritato dieci minuti di standing ovation, ora abbiamo capito perché.
VOTO: 8,5/10
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